Mulder e Scully alle prese con l'effetto Mandela
Creata da Chris Carter nel 1993, X-Files è stata uno dei pilastri televisivi degli anni ’90, incarnando perfettamente il clima di paranoia post-Guerra Fredda negli Stati Uniti. Senza più nemici esterni da combattere e senza conflitti imminenti, l’America degli anni ’90 iniziò a diffidare dei propri sistemi di potere, chiedendosi se il governo fosse coinvolto in attività sinistre.
E X-Files rappresentava quel sospetto attraverso le indagini paranormali degli agenti dell’FBI Fox Mulder (David Duchovny) e Dana Scully (Gillian Anderson). Incontravano alieni, mostri, sensitivi, vampiri e altre entità misteriose, ma ogni caso finiva quasi sempre per essere insabbiato o privo di prove concrete.
Il successo della serie fu tale da durare nove stagioni, fino alla sua cancellazione nel 2002. X-Files apparteneva a un’epoca specifica; nel mondo post-11 settembre, il suo tono e la sua paranoia sembravano ormai fuori luogo. Tuttavia, Chris Carter tentò di riportare in vita la serie con una decima stagione nel 2015 e un’undicesima nel 2018, puntando sulla nostalgia dei fan della Generazione X.
Tra gli episodi più interessanti di questa nuova fase spicca però L’effetto Mandela (The Lost Art of Forehead Sweat), scritto e diretto dal collaboratore di lunga data Darin Morgan. In un’intervista del 2018 a Entertainment Weekly, Morgan rivelò di essersi ispirato alla storica Ai Confini della Realtà / The Twilight Zone, non tanto per la trama quanto per il tono.
L’obiettivo era infatti creare un episodio che risultasse inaspettato e surreale, proprio come i migliori episodi della leggendaria serie antologica.
Nell’episodio in questione, Mulder viene contattato da un uomo misterioso di nome Reginald Murgatroid (Brian Huskey), che afferma di conoscerlo da anni. Reginald racconta a Mulder e Scully di essere stato loro collega per molto tempo, ma che la memoria della sua esistenza — così come quella di chiunque altro — è stata cancellata da un uomo enigmatico chiamato Dott. They (Stuart Margolin). Secondo Reginald, l’Effetto Mandela sarebbe il risultato di una manipolazione di massa della memoria, e sfida Mulder e Scully a ricordare eventi della loro infanzia che non sono mai accaduti, ma che sono assolutamente convinti di aver vissuto. Nel caso di Mulder, si tratta di un episodio di Ai Confini della Realtà / The Twilight Zone che non è mai stato prodotto.
Darin Morgan, sceneggiatore e regista dell’episodio, ha dichiarato che l’obiettivo era evocare il senso di mistero che provava da bambino guardando la celebre serie antologica di Rod Serling. In un’intervista, Morgan ha spiegato:
“La cosa che amavo di Ai Confini della Realtà / The Twilight Zone da bambino era qualcosa che chi guarda oggi quegli episodi non può capire: non avevi idea di cosa avresti visto. Guardavo Ai Confini della Realtà / The Twilight Zone senza sapere di cosa trattasse l’episodio. Poteva essere terribile o una delle cose più incredibili che avessi mai visto. E c’era quel senso di eccitazione, di non sapere cosa aspettarsi.”
L’effetto Mandela (The Lost Art of Forehead Sweat) riflette perfettamente questa imprevedibilità, mantenendo gli spettatori in uno stato di lieve disorientamento. Per enfatizzare il tributo ad Ai Confini della Realtà / The Twilight Zone, Morgan ha persino inserito una sequenza introduttiva in bianco e nero che simula un episodio falso della celebre serie, consolidando il legame tra le due opere.
“Se hai un ricordo d’infanzia che scopri non essere vero, inizi a pensare: ‘Cos’altro ricordo che potrebbe non essere vero?’ E se continui su questa strada, forse impazzisci. Questo era l’appeal. Era un’idea molto semplice, ma se la lasci crescere, finisci come uno di quei personaggi di The Twilight Zone che cerca di convincere tutti che il mondo è impazzito, sudando abbondantemente.”
Morgan ha inoltre espresso preoccupazione per lo stato attuale della TV, criticando le serie fortemente serializzate che, a suo parere, sacrificano l’innovazione narrativa. Secondo lui, gli archi narrativi lunghi privano la televisione della sua capacità di cambiare genere e tono ogni settimana, passando dall’horror alla commedia, al thriller, secondo l’estro dello sceneggiatore. Questo è uno dei motivi per cui Morgan amava scrivere per X-Files:
“Potevi scrivere [episodi] molto diversi l’uno dall’altro. Questo potrebbe far impazzire il pubblico moderno, ma io adoro guardare programmi così, dove non sai mai cosa aspettarti.”
Lo slogan di lunga data di The X-Files è “The truth is out there” (La verità è là fuori), ma L’effetto Mandela (The Lost Art of Forehead Sweat) mette in discussione questa premessa, suggerendo che la verità sia soggettiva e che cercarla possa essere inutile. Dott. They, il personaggio che rappresenta la manipolazione della memoria, osserva che, alla fine degli anni 2010, le persone scelgono semplicemente in cosa credere. È un interessante confronto con l’etica centrale di X-Files, aggiungendo una sfumatura più complessa e disillusa.
Di seguito il promo dell’episodio di X-Files: