Disturbante e sconvolgente, il debutto solista della regista francese apre una nuova prospettiva sul genere cannibalico
Con Raw – Una cruda verità (Grave), Julia Ducournau esordisce alla direzione e alla sceneggiatura di un lungometraggio, dopo il corto Junior e il film TV (co-diretto) Mange, con un’opera visivamente forte, al limite del disturbante, con uno script molto originale.
Al centro della vicenda troviamo Justine (Garance Marillier), ragazza timida, animalista e vegetariana che fa il suo ingresso nella facoltà universitaria di veterinaria, raggiungendo la sorella, la ribelle Alexia (Ella Rumpf) e dormendo nel campus universitario.
“Una volta provata la carne umana, l’animale sviluppa una dipendenza e deve essere soppresso”. Questo a grandi linee l’evocativo discorso del padre (Laurent Lucas) alla figlia, in un’oscura quanto premonitizia affermazione. Cannibalico, anzitutto, ma in maniera differente dai classici italiani Ultimo mondo cannibale (1977) e Cannibal Holocaust (1980) di Ruggero Deodato, o il più recente The Green Inferno (2013) di Eli Roth.
Ambientato in un contesto normalissimo, una cittadina francese, e incentrato su una comune studentessa, risulta ancor più singolare l’irresistibile desiderio di carne umana, suo come della sorella. In una pulsione irresistibile, che vince l’autocontrollo e i più basilari e atavici tabù sociali, la protagonista di Raw – Una cruda verità si avvicina allora più i membri della famiglia Parker in We are what we are (2013) di Jim Mickle (a sua volta remake di Somos lo que hay di Jorge Michel Grau), rispettabili e comuni all’apparenza, antropofagi dietro le mura domestiche.
L’iter è altresì più travagliato per Justine, la cui complessa psicologia e la cui lotta interiore sono descritte con grandissima delicatezza. E’ diversa, atavicamente diversa, quale non vorrebbe essere, meno spavalda di Alexia, vive la sua “malattia” con estrema sofferenza. In un disperato tentativo di essere accettata, si sente irrimediabilmente emarginata, cerca di allinearsi agli altri, ma la sua natura glielo impedisce.
Tuttavia non manca certo il truce, l’orrorifico è tradotto non nel paranormale, ma nell’agghiacciantemente umano, proprio per questo ancor più disturbante (seppure le reazioni alla pellicola, l’abbandono della sala, ci sembrino un po’ eccessive). La descrizione indulge in dettagli scabrosi descritti in maniera decisamente particolareggiata: Ellen che mangia carne cruda, rigetta i suoi capelli a ciocche in un succedersi di conati, o divora il dito di Alexia, dopo averne leccato il sangue, infine il primo piano sulla gamba smangiucchiata di un amico, con vene e muscoli esposti.
Le immagini sono rese ancor più ripugnanti dall’estetica asettica con cui certe sequenze vengono trattate, non vi è nulla di sovraumano, solo una ragazzina che mangia carne umana cruda, con una voracità intollerabile, senza pirotecnici effetti speciali, ma solo una resa realistica delle pratiche cannibaliche.
Forse in questo, più che nel sangue, nei brandelli di carne, nelle orecchie e guance strappate a morsi, sta il vero shock, intellettuale almeno quanto visivo; è soprattutto l’impossibilità di creare una distanza con l’antropologicamente vicino, l’incapacità per lo spettatore di attribuire l’inconcepibile a un’entità non umana o almeno infinitamente distante da lui.
Scioccante dunque, eppure con una nota di dark humor a sequenze sconcertanti è alternata una battuta, un elemento quasi comico, che depotenzia da una parte il scioccante rendendolo meno “serio”, dall’altra ne sottolinea proprio così l’aberrante normalità, rendendolo con la lieve connotazione grottesca ancor più disarmante.
Inedito ed estremamente disturbante nel suo approccio all’antropofagia, Raw – Una cruda verità lascia profondamente turbati, sia per il crudissimo emisfero visivo, sia ancor di più per la freddezza con cui il dispositivo, l’occhio della cinepresa, ce lo presenta sul grande schermo, senza alcuna spettacolarizzazione edulcorante.
Di seguito il trailer: