Horror & Thriller

No Exit (2022): la recensione del film gelido di Damien Power

Un thriller dalla premessa avvincente, ma che perde velocemente tensione rivelando troppo presto i suoi segreti

Un’area di sosta isolata tra le montagne, una tempesta di neve, cinque sconosciuti e una ragazza legata dentro un furgone. La premessa di No Exit, thriller diretto da Damien Power e tratto dall’omonimo romanzo di Taylor Adams, è estremamente intrigante, ma un’idea brillante può reggersi sulle spalle un film solo fino a un certo punto.

Si tratta di un thriller senza troppe pretese puro e diretto, a volte persino troppo. Havana Rose Liu (Mayday) interpreta Darby, una tossicodipendente in riabilitazione che fugge dalla clinica per raggiungere sua madre in ospedale, ma finisce intrappolata in un’area di sosta a causa di una tempesta.

Insieme a lei ci sono quattro sconosciuti: lo schivo e nervoso Lars (David Rysdahl), il carismatico Ash (Danny Ramirez), il gentile ma enigmatico Ed (Dennis Haysbert) e sua moglie Sandi (Dale Dickey), dall’aria stanca e diffidente. Uscendo per cercare campo con il cellulare, Darby sente delle grida provenire da un furgone e scopre una bambina legata e imbavagliata. Qualcuno tra i presenti è il rapitore, ma chi?

Per i primi 30 minuti, No Exit è molto teso, con Darby che cerca di individuare il colpevole osservando il comportamento degli altri. Il tutto si sviluppa durante una partita a carte, con Lars che propone ironicamente di giocare a Bullshit, un segnale piuttosto evidente che il film non lasci molto spazio alla sottigliezza.

Il problema è che No Exit mostra troppo presto le sue carte, rivelando prematuramente dettagli cruciali e ridimensionando la tensione iniziale.

Senza entrare troppo nei dettagli per evitare spoiler, un colpo di scena all’inizio sgonfia la suspense, trasformando il film da un intenso gioco psicologico a una sequenza di rivelazioni sempre più efferate e sanguinose.

Purtroppo, però, nessuna di queste riesce a ricreare le atmosfere del primo atto. Va comunque detto che la sceneggiatura di Andrew Barrer e Gabriel Ferrari rimane fedele alla struttura del romanzo di Adams, quindi la svolta narrativa non è del tutto una scelta arbitraria.

A sopperire alla prevedibilità della trama è allora la regia di Damien Power, che sfrutta al meglio l’ambientazione gelida per evitare che il suo film sembri troppo ‘teatrale’. L’azione si sposta così tra interni ed esterni, con Darby che tenta disperatamente di salvare la ragazza.

Anche se i personaggi rimangono per lo più stereotipati, Darby riceve un trattamento più stratificato grazie a flashback ben posizionati che approfondiscono il suo passato di dipendenza e il difficile rapporto con la sua famiglia. Questi momenti emotivi danno a No Exit un peso drammatico che almeno compensa in parte la prevedibilità della trama.

A livello di performance, Havana Rose Liu è una spanna sopra gli altri, rendendo Darby un personaggio credibile e combattivo. Haysbert porta sullo schermo il suo solito calore naturale, mentre Dale Dickey offre un’interpretazione intensa, nonostante il suo personaggio non sia scritto al meglio.

Alla fine, No Exit è un thriller senza fronzoli e dignitosamente recitato, ma che si dà la zappa sui piedi. Parte con un’idea brillante, ma finisce per esagerare con la violenza e perdere il suo mordente, sottovalutando la sua stessa premessa e spingendo troppo sui cliché del genere.

Di seguito trovate il trailer italiano di No Exit:

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Published by
William Maga