Voto: 6/10 Titolo originale: The Keep , uscita: 16-12-1983. Budget: $6,000,000. Regista: Michael Mann.
Dossier: La Fortezza, quando Michael Mann si cimentò col genere horror
02/02/2025 recensione film La fortezza di Marco Tedesco
Nel 1983 il regista si imbarcava in un'operazione insolita, rivelatasi travagliatissima e presto rinnegata

Ogni autore ha una pecora nera nella propria filmografia, un’opera che non si allinea con il suo stile consolidato e viene respinta da critica e pubblico. Spielberg ha 1941, Oliver Stone ha La Mano, Brian De Palma ha Cadaveri e compari. Michael Mann ha La Fortezza (The Keep), e forse è il caso più clamoroso di tutti.
Mann è noto per i suoi thriller meticolosi e visivamente spettacolari, da Heat a Manhunter fino a Insider. Come sia finito a girare un horror gotico ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale resta un mistero. Ma nel 1983, appena dopo Strade violente (Thief), ha diretto La Fortezza, tratto dal romanzo di F. Paul Wilson.
La storia segue un plotone nazista che si rifugia in una fortezza apparentemente abbandonata nei Carpazi, solo per risvegliare un’antica entità malvagia. Il libro aveva personaggi ben scritti, tensione e un villain unico, quindi non è difficile capire perché qualcuno volesse adattarlo.
Il problema? Mann non amava il libro. Lo scelse solo per sperimentare con un’estetica espressionista, onirica e fiabesca per adulti. Nonostante il cambio di genere, il film resta inconfondibilmente suo: fotografia sublime, colonna sonora dei Tangerine Dream, abbondanza di blu in ogni scena.
Ma il risultato è altrettanto bizzarro. La narrazione è frammentata, il mostro è pacchiano e la storia ha poco senso, anche perché lo studio tolse il film di mano a Mann e lo massacrò in fase di montaggio. Il budget e i tempi erano fuori controllo e il coordinatore degli effetti visivi Wally Veevers (2001: Odissea nello spazio, Superman) morì durante la post-produzione, lasciando incompleta la battaglia finale. Paramount, fiutando un disastro, tagliò il film a 95 minuti dopo pessime anteprime test.
The Keep uscì nelle sale, venne stroncato dalla critica e floppò. L’autore del romanzo lo odiava, Mann si dissociò e lo ha quasi sempre evitato nelle interviste. Quando è stato ospite di Robert Rodriguez per The Director’s Chair, il film non è stato nemmeno menzionato. Non è mai uscito in DVD o Blu-ray, pare per problemi di diritti sulla colonna sonora.
Un film rinnegato dal regista, fallimentare al botteghino e praticamente introvabile? Dovrebbe essere un disastro totale. Ma non lo è. Certo, La Fortezza è imperfetto e divisivo, ma ha un’atmosfera eterea e inquietante, accentuata dalla musica e dalle immagini di Mann. Negli anni è diventato un cult, un horror dimenticato che molti considerano un piccolo gioiello perduto.
Forse quest’aura è anche merito del montaggio brutale: scene che vanno e vengono senza contesto, protagonisti che si innamorano dopo 20 secondi e una struttura quasi da sogno frammentato. Il libro e la sceneggiatura riempiono molte lacune, quindi proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Il protagonista Glaeken, interpretato da Scott Glenn, ha sorprendentemente poco spazio nel film e il suo legame con la fortezza è nebuloso. Nel libro è un essere immortale che costruì la fortezza secoli prima e ne cura la manutenzione. Lui e il mostro Molasar sono entità opposte in eterno conflitto: Glaeken è la luce, Molasar è l’oscurità.
Quando sente che Molasar è stato risvegliato, viaggia fino alla fortezza per distruggerlo definitivamente, considerandolo una sorta di missione suicida, dato che sono legati indissolubilmente. Se uno cade, cade anche l’altro. Questo spiega perché il trucco di Glenn nel finale ricorda Molasar e perché il volto della creatura è stato modellato sulle fattezze di Glenn stesso.
Nel romanzo, Glaeken e Eva (Magda nel libro) si conoscono gradualmente, soggiornano nella stessa locanda e collaborano per spiare la fortezza. Il film, invece, li fa incontrare e nel giro di pochi minuti c’è una goffa scena di sesso anni ‘80, che risulta piuttosto forzata. Mann voleva sviluppare meglio questa sottotrama, ma la maggior parte delle scene è stata rimossa nel montaggio finale.
Molasar è stato completamente reinventato. Nel romanzo è la fonte del mito dei vampiri e ha un aspetto simile a un personaggio di Anne Rice, molto diverso dal golem culturista del film. Questo non significa che non sia spaventoso, anzi: nel libro è una creatura sadica che si nutre di terrore e dolore, facendo vedere alle sue vittime un buio senza fine prima di sgozzarle. Può persino resuscitare i morti per usarli come servitori.
Nel film, invece, la sua natura è meno chiara: assorbe la forza vitale invece del sangue, facendo esplodere le vittime in cadaveri rinsecchiti. Appare inizialmente come una nebbia con occhi fluttuanti, prima di assumere una forma fisica. Il suo design è visivamente interessante, ma il movimento sembra rigido e innaturale. Tuttavia, il suo look sembra aver ispirato personaggi come Abominio in L’incredibile Hulk e Apocalisse in X-Men: Apocalisse.
Il libro spiega anche il significato delle croci che coprono la fortezza: in realtà sono modellate sulla forma del talismano che rappresenta l’elsa dell’arma di Glaeken. È questo che tiene imprigionato il mostro e che lui cerca di rimuovere per poter diffondere il caos nel mondo.
Mann aveva previsto che La Fortezza durasse due ore, ma con il montaggio forzato molte scene chiave furono eliminate, lasciando la narrazione frammentata. Un aspetto quasi del tutto eliminato è l’influenza maligna di Molasar sul villaggio vicino, che porta gli abitanti alla follia omicida. L’unico indizio rimasto nel film è la scena in cui il prete (Robert Prosky) beve il sangue di un cane morto, ma nel girato originale il villaggio sprofondava nel caos e il custode della fortezza, Alexandru, veniva ucciso dai suoi stessi figli.
Molasar avrebbe dovuto commettere più omicidi sullo schermo. In una scena eliminata, Glaeken viene attaccato durante il viaggio verso la fortezza da un capitano che cerca di rubargli la sua arma, costringendolo a ucciderlo e a prendere il controllo della nave. Un’altra sequenza mostra Eva che scopre la spada mistica di Glaeken nel suo alloggio, il che avrebbe dato un contesto alla loro storia d’amore e spiegato come conoscesse il nome di Molasar. Nel film finito, invece, sembra che lo sappia senza motivo.
Una delle scene più memorabili è lo scontro tra Molasar e il Maggiore Kaempffer, interpretato da un Gabriel Byrne perfettamente viscido e spregevole. Il maggiore scopre nel peggiore dei modi che le croci non funzionano contro il mostro.
Prima di questo, l’intero plotone nazista viene massacrato, ma questa sequenza è completamente fuori campo. In realtà, una scena venne girata in cui i soldati venivano inceneriti ed esplodevano mentre sparavano nel buio, ma la Paramount rifiutò di finanziare gli effetti speciali necessari per completarla, lasciando il tutto incompiuto.
Il finale di La Fortezza è stato completamente cambiato. Invece della conclusione affrettata in cui Glaeken distrugge Molasar con un fascio di luce, Mann aveva girato una sequenza elaborata, più fedele al romanzo. Nel climax originale, Glaeken insegue Molasar fino al tetto della fortezza, dove il pavimento cede e li risucchia entrambi in un vortice dimensionale. Mentre precipitano nello spazio e nel tempo, Glaeken riesce finalmente a distruggere il suo nemico.
La scena era estremamente complessa e richiedeva un lavoro di effetti visivi avanzato. Purtroppo, solo Wally Veevers sapeva come assemblare gli elementi, e dopo la sua morte nessuno fu in grado di completare il montaggio, costringendo Mann a girare un finale improvvisato e poco soddisfacente. Questa perdita irreparabile è probabilmente il motivo principale per cui Mann non è mai interessato a una Director’s Cut. Anche se lo fosse, sembra che il materiale originale sia andato perduto per sempre.
La versione cinematografica si conclude in modo cupo, con Glaeken risucchiato nella fortezza dopo aver sconfitto Molasar, mentre Eva piange disperata. Tuttavia, il vero finale andava oltre: Eva scendeva tra le rovine e trovava Glaeken svenuto accanto a un lago sotterraneo. Guardandosi nell’acqua, lui si rendeva conto di essere diventato mortale, vedendo finalmente il suo riflesso. Questo finale è stato restaurato in una versione televisiva trasmessa anni dopo, ma le altre scene tagliate sono probabilmente perdute per sempre.
Negli anni, la fanbase di La Fortezza è cresciuta sempre di più. L’assenza per lungo tempo di un’edizione home video ufficiale (specialmente in Italia) ha reso il film ancora più misterioso e ambito, e continua ad avere una seconda vita su Netflix e nelle trasmissioni notturne.
Chi lo ha apprezzato dovrebbe leggere il romanzo originale, che offre una storia horror avvincente. L’autore F. Paul Wilson continua a detestare il film e ha pubblicato nel 2011 una graphic novel per mostrare la sua vera visione della storia.
La crescente fascinazione per il film ha poi portato alla realizzazione di un documentario interamente dedicato a La Fortezza, intitolato A World War II Fairytale: The Making of Michael Mann’s The Keep, che esplora la travagliata produzione e raccoglie interviste a membri del cast e della troupe.
Michael Mann, prevedibilmente, non vi ha partecipato. Ma anche se La Fortezza non è il film che voleva realizzare, è comunque un’esperienza unica, che continua ad affascinare nuove generazioni di spettatori. Un’eredità niente male per quello che molti consideravano un fallimento.
Di seguito trovate il trailer di La Fortezza:
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