Il primo spin-off di Transformers con Hailee Steinfeld e John Cena punta forte su sentimenti semplici e sull'effetto nostalgia per gli anni '80, limitando l'azione fracassona e ritornando a una dimensione più umana
Ci vogliono circa trenta secondi a Bumblebee per diventare comodamente il miglior film live-action sui Transformers. Per i fan dei robottoni di prima generazione (i G1) i minuti iniziali sono il culmine di ogni speranza e sogno che abbiano mai potuto riporre su questa saga iniziata nel lontano 2007.
La guerra su Cybertron! Optimus Prime (aka Commander)! Brawn! Arcee (!!) Soundwave! Shockwave! E assomigliano proprio ai giocattoli con cui in moltissimi hanno giocato negli anni ’80 da bambini, non al miscuglio di parti originali plasmate dall’ipercinetica mente di Michael Bay. Per un nerd / geek oggi sui 35/40 anni si tratta senz’altro di un inizio incredibile, ma la preoccupazione a questo punto è che, una volta spostata l’attenzione su vicende molto più terrestri, l’eccitazione sarebbe in qualche modo scemata.
Uno dei maggiori problemi con i film diretti da Michael Bay è che non si è mai davvero sentita l’influenza del produttore esecutivo Steven Spielberg, con l’eccezione forse del capostipite.
Con Bumblebee la situazione si ribalta decisamente, con la presenza del filmmaker che aleggia su ogni cosa, elargita cospicuamente in dosi di stupore e meraviglia infantile dal regista Travis Knight (Kubo e la spada magica), il cui amore per i Transformers è palese. In sostanza, questo racconto imbevuto di Amblin è meno incentrato su una lotta tra Autobot e Decepticon, anche se ovviamente giocano un ruolo importante, e più sulla storia di una ragazza e la sua prima auto, il suo primo amore, e i primi passi verso un futuro incerto.
L’atmosfera è quella del classico coming-og-age avventuroso e molto nostalgico. Ambientata nel 1987, in piena Guerra Fredda (un tema che viene vagamente accennato in un paio di occasioni), la storia si svolge nei pressi di San Francisco, dove la 18enne Charlie (Hailee Steinfeld) è cresciuta molto più rapidamente di quanto avrebbe dovuto. Suo padre – a cui era legatissima – è infatti morto improvvisamente per un infarto l’anno prima e sua madre si è presto risposata con un uomo che Charlie non ha alcun interesse a conoscere.
Quindi, in pratica, Charlie si prende cura di se stessa, guadagnandosi da vivere lavorando come ragazza degli hot-dog fritti al vicino Luna Park, cercando di risparmiare il denaro necessario a comprare una macchina, o almeno per aggiustare quella a cui lei e suo padre stavano lavoravano insieme, prima di andarsene di casa e lasciarsi il triste passato alle spalle.
Tutto cambia però quando lo scassato Maggiolino Volkswagen giallo che ha trovato abbandonato nel cortile dello zio meccanico prende letteralmente vita nel garage di casa sua. Senza rivelare troppi dettagli, Bumblebee si è fatto strada verso la Terra, ma ha perso ogni ricordo di chi fosse e pure la parola, e oltretutto sulle sue tracce ci sono due temibili Decepticon e i militari; per fortuna, il timido robot si è trovato una nuova migliore amica.
Charlie cresce e matura mentre si prende cura e protegge il suo nuovo amico, che il resto del mondo percepisce come una minaccia. Certamente va così, è un tipico cliché delle opere di questo tipo no? Gli esseri umani hanno paura di ciò che non comprendono o conoscono. In questo caso, l’esponente di questa corrente di pensiero è l’unità militare statunitense guidata dall’agente Jack Burns (John Cena), già sopravvissuto a un primo incontro con Bumblebee in precedenza, e che da allora ha nutrito prevedibile rancore.
Come anticipato, naturalmente ci sono anche Decepticon nel mix. Angela Bassett e Justin Theroux prestano le loro voci in originale a Shatter e Dropkick, che hanno rintracciato Bumblebee sul nostro pianeta e sono pronti a mettere a repentagli la sopravvivenza dell’umanità. Sono anche piuttosto feroci e letali.
Travis Knight e la sceneggiatrice Christina Hodson guardano ancora al manuale d’istruzioni scritto da Steven Spielberg, rifiutandosi di edulcorare quanto vili e spietati possano essere. Questi due Decepticon fanno cose inimmaginabilmente orribili ad alcuni dei vostri Autobot preferiti, quindi sappiamo subito che non avranno alcuna remora a trattare un paio di uomini con la stessa medaglia (niente di splatter, ma qualcosa di ugualmente viscoso…).
Anche i tocchi ironici e le battute, come Internet che sarebbe stato creato da un paio di Decepticon, sono tutto sommato abbastanza genuini da funzionare in un contesto del genere. Ma la cosa più importante è che Bumblebee imposta un nuovo tono, uno in cui le emozioni e la trama si amalgamano insieme all’azione legata inevitabilmente alla presenza di robot giganti.
I film di Michael Bay – buoni successi al botteghino, ma mai di critica – erano spettacoli grandiosi e rumorosi, e senz’anima. In Bumblebee le grandi scene action sono marginali. Il background del regista nell’animazione è evidente nel mantenere le coreografie semplici e fruibili all’occhio. Michael Bay – come da marchio di fabbrica – puntava al contrario tutto sull’eccesso. Non si può fare a meno di vedere il dispendio di CGI nei primi cinque film dei Transformers, mentre Travis Knight spinge a guardare oltre, provando a dare agli effetti speciali la stessa valenza poco invasiva che avevano in classici come Ritorno al Futuro o Corto Circuito.
Lei e Bumblebee imparano a conoscersi e hanno bisogno l’uno dell’altra ed entrambi elaborano il dolore insieme. Queste centralissime emozioni – pur semplici nel concetto -, sulla perdita personale e l’apprendimento di come trovar la forza di continuare a vivere, sono una meravigliosa base su cui costruire un film, specialmente per i più piccoli che lo vedranno al cinema, e il fatto che si fondi sull’idea che a volte ciò di cui si ha veramente bisogno è un amico che capisca il tuo dolore e ti stia accanto è piuttosto potente.
Venendo alla mania per gli anni ’80, così in voga ultimamente a Hollywood, l’atmosfera generale richiama evidentemente i film per famiglie pieni di buoni sentimenti e ingenui di quel periodo (pensate a John Hughes), a volte esagerando coi richiami visivi (da Alf in TV ai cereali di Mr. T, passando per il poster di La Cosa e Indiana Jones alla pletora di canzoni che spesso partono troppo a caso, dai Tears For Fears agli Smiths). E se certamente a monte c’è l’intenzione di fare cassa sulla brama di nostalgia del pubblico, il film funziona su quasi tutti i livelli, grazie alla scelta saggia di costruirlo attorno alla sua protagonista e alle relazioni personali e alle emozioni messe sul tavolo, lasciando le esplosioni e il marasma sullo sfondo.
In definitiva, Bumblebee è esattamente ciò che il primo film sui Transformers avrebbe dovuto essere, non troppo lungo, poggiato su sentimenti universali e momenti simpatici, apprezzabili a ogni età e non solo dagli spettatori maschi adolescenti carichi di testosterone. È una sorta di promemoria di ciò che ha reso i robottoni così amati in primo luogo, con Travis Knight che ha tracciato la strada da seguire (sempre che gli incassi gli diano ragione, il budget è di 130 milioni di dollari).
Pur trattandosi del primo di molti sequel e spin-off rumoreggiati, l’universo più vasto e la tradizione dei Transformers qui sono secondari – questa è una storia indipendente su una ragazza che trova un amico, e di quei due amici che crescono insieme e hanno bisogno di imparare qualcosa dall’altro. Una storia vecchia come il cinema ma sempre attuale.
Di seguito trovate il full trailer italiano di Bumblebee, nei nostri cinema dal 20 dicembre: